La storia della Vespa è fatta di persone speciali accomunate dalla genialità e dalla passione per il proprio lavoro. Prima tra tutte ovviamente è Corradino D’ascanio, dalla cui matita nel 1946 presero vita le linee di una scocca del tutto innovativa per quei tempi, contorni semplici e allo stesso tempo funzionali ed eleganti che furono l’antitesi di un’opera meccanica straordinaria. Quel primo schizzo d’arte del proprio ingegnere fece innamorare l’imprenditore Enrico Piaggio, altro tassello fondamentale della storia, che fece mettere immediatamente in produzione il primo prototipo. I suoi dipendenti, affascinati e stimolati da quella nuova emozionante sfida, si misero subito al lavoro e in soli in sei mesi diedero forma e dimensione alla prima Vespa della storia. Poi arriva Giuseppe Cau. All’epoca aveva 18 anni, viveva a Roma e lavorava presso l’officina meccanica di Luciano Moroni. La sua mansione era quella di trasformare in veicoli civili le moto militari inglesi Norton, Triumph. BSA e Matchless recuperate nel deposito di Aversa costituito dal Ministero della Ricostruzione appositamente per favorire il recupero dei residuati della grande guerra. Riparare e testare scocche e motori era il suo mestiere ma la velocità era la sua grande passione. “A quell’età ero proprio un pischelletto – racconta – un tipo bassino, fisico gracile, mingherlino, 42 kg di peso”. Piccola statura, fibre potenti, una corporatura snella e tosta da peso piuma al massimo della forma: le sue armi vincenti. Moroni, uno dallo sguardo che arrivava lontano, lo intuisce subito. “Giuseppe, il tuo mezzo ideale è la Vespa di Piaggio. Piccoletto come sei, sopra a quella a te chi ti ferma?”. Così quando arrivò in officina una Vespa da riparare Giuseppe chiese il permesso al proprietario di utilizzarla per la gara al Lido di Ostia, organizzata da Luigi di Gennaro, il primo concessionario Vespa del Lazio. Partecipò così alla sua prima competizione e, nonostante avesse in dotazione una Vespa da turismo, si piazzò al secondo posto, sbaragliando esperti piloti in sella a vere Vespa da competizione.

1949 Salita di Monte Mario

1949 Salita di Monte Mario

1949 Rocca di Papa

1949 Rocca di Papa

Luigi di Gennaro notò le sue grandi doti e lo prese a lavorare con sé perché potesse correre per i colori della sua concessionaria. Gli mise a disposizione una Vespa e da lì in poi non ce ne fu più per nessuno. Dal ’47 vittorie a ripetizione: la Rocca di Papa, la Monte Mario, la Salita della Merluzza, la Caracalla. Stesso copione, tutte gare senza storia.

1950 Coppa città di Peruglia. Cau sulla Vespa n. 38 e dietro, con camicia bianca, Corradino D'Ascanio

1950 Coppa città di Peruglia. Cau sulla Vespa n. 38 e dietro, con camicia bianca e bretelle, Corradino D’Ascanio

1950 II° Coppa Città di Peruglia

1950 II° Coppa Città di Peruglia

A quel punto in giro non si fa che parlare delle gesta del ragazzino romano che sa trasformare il velocipede del momento in un missile con la scocca. Le parole arrivano alle orecchie di Piaggio, che un secondo dopo ha ovviamente già deciso il da farsi:”Questo ragazzetto – dice a Di Gennaro – dobbiamo farlo venire a Pontedera e affidargli lo sviluppo Vespa”. E infatti: “Sono arrivato a Pontedera nel ’48 ed eccomi qui, non me ne sono più andato. Corremmo fino a quando si vinse tutte quelle medaglie d’oro alla Sei Giorni del ’51. “Chiudiamo in bellezza”, disse il dottor Piaggio. Ci premiò personalmente; quando venne a stringerci la mano, disse:”A salutare voglio incominciare dal più piccolo e più bravo” e mi abbracciò. Non me la sono più dimenticata, questa frase”.

Sei Giorni di Varese 1951

1951 Sei Giorni di Varese

1951 Sei Giorni di Varese - Cu con gli altri piloti Vespa

1951 Sei Giorni di Varese – Cau con gli altri piloti Vespa

A Cau “il dottore” piace ricordarselo a spasso per le vie del centro di Roma – di quella fantastica Roma – in sella ai primi esemplari della sua creatura. “In quegli anni, quando il dottor Piaggio aveva voglia di fare un giro in Vespa in centro, io gliene caricavo una sull’Ape e dalla concessionaria di Di Gennaro gliela portavo a piazza Barberini. Lui si faceva il suo giretto – di solito tra piazza Barberini e Via Veneto – poi io caricavo di nuovo la Vespa e la riportavo in concessionaria. A quei tempi, nel ’47, di Vespa mica se ne vedevano tante, in giro. Lui era sicuro di fare un figurone: e infatti, vip o non vip, quando il dottore passava, si voltavano a guardare”.

Dopo il ’51, finite le competizioni, Giuseppe si dedicò all’assistenza tecnica dei veicoli da gara e al perfezionamento delle Vespa da turismo, migliorandone continuamente sicurezza e prestazioni, grazie al grande bagaglio di esperienza conquistato sul campo. Inventò e realizzò anche una rudimentale ma funzionale visiera antiappannamento che copriva completamente viso e collo per evitare fastidiose e dannose infiltrazioni di acqua e gelo durante le prove in strada. Ma non solo. Entrò a far parte della prima squadra acrobatica Vespa. “Girammo tutta Europa per le esibizioni. Numeri a metà strada tra la guida e l’atletica: gambe per aria, rannicchiati sul portapacchi, in equilibrio sul manubrio… Non ci insegnò mica nessuno, imparammo da noi. Eravamo sei o sette, a far le acrobazie”.
Senza dubbio se il destino della Vespa non avesse incontrato quello di Giuseppe Cau la sua storia non avrebbe avuto lo stesso splendido percorso. E nemmeno la vita privata di Giuseppe sarebbe stata la stessa. Infatti è proprio durante le prove su strada della Vespa che all’età di ventidue anni Giuseppe incontrò per la prima volta la bella Liliana, appena sedicenne. Lei, ogni giorno, si sedeva sulla soglia di casa davanti alla strada aspettando il passaggio di quel fascinoso cavaliere in sella alla Vespa. E un bel giorno, finalmente il ragazzo dei suoi sogni si fermò da lei, i loro sguardi s’incrociarono e fu amore a prima vista. Nel ’51, dopo appena un anno da quel primo incontro, alla fine della mitica Sei Giorni di Varese, Giuseppe torna vittorioso dalla sua principessa e la prende in sposa suggellando anche il sogno d’amore.

Giuseppe Cau è stato ed è tuttora una bellissima persona. Perfettamente in forma (come si conviene ad un pilota leggendario), lo si può incontrare al Museo Piaggio di Pontedera. E’ possibile intrattenersi con lui per ascoltare i racconti coinvolgenti delle sue rocambolesche avventure vespistiche e condividere stupendi momenti di storia della Vespa con colui che quella storia ha contribuito a farla diventare un mito. Non a caso è l’unico uomo al mondo ad aver ricevuto il titolo di Cavaliere della Repubblica per meriti vespistici.

Giuseppe Cau al Museo con Vanessa e Andrea Fiore

Giuseppe Cau al Museo con Vanessa e Andrea Fiore

Con il “Tour Valdera, Vespa e… benessere” puoi abbinare la visita al Museo con un piacevole pomeriggio nella piscina termale di Casciana Terme. Guarda tutti i dettagli e le info alla pagina http://www.valderainvespa.it/tour_scheda.php?id=5

Giuseppe Cau e Vanessa durante un tour in Vespa

Giuseppe Cau e Vanessa durante un tour in Vespa

La storia di Giuseppe Cau adesso è anche un libro. Fabrizio Valeri e Vincenzo Carlino hanno sapientemente raccolto i suoi racconti e le sue foto più belle nel volume “Giuseppe Cau – il Mito il Pilota la Leggenda” edito da CLD Libri.
Riporto qui di seguito la copertina del libro e una nota gentilmente offerta dai due coautori che fa da sistesi ai contenuti struggenti della storia di Giuseppe che è anche la storia d’Italia dal dopoguerra ai giorni nostri.

Copertina del libro "Giuseppe Cau - il Mito il Pilota la leggenda" (CLD Libri)

Copertina del libro “Giuseppe Cau – il Mito il Pilota la leggenda” (CLD Libri)

“Giuseppe Cau – il Mito, il Pilota, la Leggenda” è il racconto della simbiosi tra un pilota e la sua “Due Ruote”: un connubio indissolubile, che ha visto il suo inizio nel lontano 1946, quando Giuseppe Cau era poco più di un ragazzino alle prime armi.
Una storia lunga una vita, che appassionerà gli amanti del “Mito” attraverso un tuffo nel passato, tra i ricordi di un uomo che ancora oggi, dopo quasi settant’anni trascorsi insieme a Lei, vive in sella alle emozioni con l’entusiasmo del primo giorno.
Un titolo per un libro che indica quanto la Storia “disciplina umanistica per eccellenza”, vuole essere il  “fil rouge” degli eventi dell’Italia dal dopoguerra ai giorni nostri.
Il profano come il cultore del mondo della Vespa trovano, in queste bellissime pagine ricche di aneddoti e di meravigliose fotografie inedite, rigorosamente in bianco e nero, la testimonianza diretta di un uomo che ci fa rivivere la straordinaria storia dell’Italia contemporanea: una nazione martoriata, umiliata, sacrificata negli anni post bellici, che ritrova la voglia di vivere nella libertà riconquistata, nella possibilità di muoversi, per approdare ai giorni nostri e diventare un paese degno di appartenere all’Europa moderna e democratica.
Oltre ad un imprenditore coraggioso e “idealista” quale Enrico Piaggio, oltre ad un ingegnere geniale e straordinario quale Corradino D’Ascanio, Giuseppe Cau, con tutti i suoi compagni di lavoro e di avventura, ha creato quest’alleanza fra uomini dalla quale nasce la Vespa, “l’oggetto giocattolo” più famoso al mondo.
Insomma, abbiamo qui non solo un libro di tecnica motoristica, ma un racconto di testimonianza diretta e vivente della Storia dei difficili anni del dopoguerra italiano, quando aziende come la Piaggio hanno dovuto affrontare la riconversione produttiva, passando dall’economia di guerra all’economia di pace, con tutti i sacrifici affrontati da intere generazioni di “ragazzi”.
In qualche modo, questo libro è ben più dell’ennesima opera scritta per gli amanti della Vespa: è per noi, oggi, una “lezione di vita” di fronte alle numerose sfide che l’Italia e la nazione stanno affrontando di fronte alla crisi attuale.
Ecco perché è lecito affermare che Giuseppe Cau è un modello di uomo da seguire per ogni futura generazione che intenda vivere in questo prodigioso paese che si chiama “Italia”.