Filippo Logli con Andrea Fiore al Museo Piaggio

Filippo Logli con Andrea Fiore al Museo Piaggio

La porta dell’entrata principale del Museo Piaggio di Pontedera apre l’accesso all’area dedicata ai veicoli degli esploratori del passato, dove troneggiano le gloriose Vespa del grande e indimenticato vespista Giorgio Bettinelli. Accanto a questi “colossi”, spicca una PX 125 nera, “incerottata”, con varie modifiche apportate alla sella, alle pedane, alla sospensione anteriore e al manubrio (dove è stato applicato un parabrezza porta mappa). Sulle sacche, tra i tanti adesivi, campeggia una scritta evidente: “Pontedera to North Cape”. Non c’è dubbio, è la Vespa che ha portato Filippo Logli in capo al mondo!  Un’avventura durata 34 giorni e 9680 km.

La mappa del percorso

La mappa del percorso

«E’ stato un viaggio entusiasmante che mi ha regalato emozioni uniche.» Mi spiega lo stesso Filippo. «L’idea di questo viaggio mi è venuta osservando la Vespa di mio padre, una PX 125 del 1982, inutilizzata da anni. Ogni volta che entravo in garage il mio sguardo s’imbatteva sulla sua scocca inerme e ogni volta ripensavo ai tanti aneddoti che mi raccontava mio nonno materno, che è stato operaio della Piaggio per oltre quarant’anni e che l’ha vista nascere. I suoi racconti ricchi d’amore per la Vespa mi hanno fatto affezionare a quell’oggetto e a tutto il suo mondo. Forse anche quella stessa Vespa in garage era passata dalle sue mani durante la produzione e questo mi intrigava ancora di più. Così decisi che dovevo rispolverarla, rimetterla in strada e (perché no?) arrivare fino in capo al mondo insieme a lei!». Comincia così l’avventura di Filippo, pontederese, classe 1985.
Nell’aprile 2012 redige il progetto iniziale che trova velocemente e senza grosse difficoltà patrocinatori e sponsor tra istituzioni ed imprese. Anche l’amico viaggiatore Alessandro Pierini non si fa certo pregare di seguirlo e accetta entusiasta di accompagnarlo per tutto il viaggio, condividendo sella e ore di guida. Il 9 giugno 2012, dopo circa due mesi di preparazione, tra cui un breve corso tra vespisti esperti per conoscere meglio la Vespa e la risoluzione dei piccoli guasti verificabili durante il lungo percorso, la partenza da Pontedera, con tanto di taglio del nastro da parte del Sindaco. Inizia quindi il viaggio per il Nord Italia e poi per la Germania dove prendono il traghetto per raggiungere la Svezia. Una capatina fuori programma in Finlandia per far visita a Babbo Natale e poi, al 12° giorno, l’arrivo alla meta del viaggio: Capo Nord.

Capo Nord

Capo Nord


«Appena arrivati a Capo Nord, quello turistico, abbiamo avuto una calorosa accoglienza.» Racconta ancora Filippo «Ci stavano aspettando e ci hanno ricevuto come due eroi. Dopo l’acclamazione, però, nella Casa di Accoglienza sul fiordo più estremo, ci hanno invitato ad onorare il rito a cui non è carino rinunciare, ovvero il bagno nell’acqua gelata del mare dopo una sauna. Il sudario è stato rilassante, piacevole e rigenerante (con tutto il freddo patito durante il viaggio!!!), ma il tuffo nel mare gelato subito dopo è stato letteralmente “agghiacciante”. La sensazione è stata quella di un miliardo di spilli infilzati contemporaneamente in ogni centimetro del proprio corpo: muori e vivi nello stesso istante!». Il raggiungimento della meta è stato per Filippo una grandissima soddisfazione. Come anche per tutti i suoi “seguaci” che ogni giorno lo seguivano da vicino leggendo i post e guardando le foto che lui stesso pubblicava sul blog creato per l’evento (www.filippologli.com). L’arrivo ma anche l’intero viaggio è stato esaltante e ricco di emozioni. Filippo ha avuto modo di conoscere la vera identità di ogni posto che ha attraversato, perché ha vissuto ogni luogo da ospite e non da turista. Grazie alla comunità per viaggiatori Couchsurfing ha trovato alloggio tra gli abitanti, integrandosi con loro e con le loro abitudini.

Filippo e Alessandro con due ragazze che li hanno ospitati

Filippo e Alessandro con due ragazze che li hanno ospitati

«Soltanto due volte abbiamo dormito nella tenda che avevamo portato con noi.» Specifica Filippo «Una di queste per volontà nostra, per isolarci completamente dal resto del mondo e goderci lo spettacolo unico dell’alba di fronte al fiordo in Svezia».
Per altre due volte hanno dormito “fuori casa”, una in Norvegia sulle panchine del porto aspettando il traghetto e l’altra in un caratteristico casotto d’attesa dell’autobus di linea.

Il casotto della fermata dell'autobus

Il casotto della fermata dell’autobus

«In realtà c’è un altro posto stravagante tra i quali abbiamo dormito.» Riprende Filippo «Eravamo in Norvegia, avevamo appena fatto ritorno dalla “Lingua degli Gnomi”, un pietrone a forma di lingua sospeso nel vuoto. Per raggiungerlo e tornare indietro avevamo percorso ben 22 km a piedi in mezzo a sentieri impervi. Eravamo distrutti. Entrammo nei bagni pubblici a disposizione dei turisti e ci infilammo sotto la doccia calda. Ed è proprio sotto lo scorrere dell’acqua che ci siamo addormentati esausti. Solo qualche ora dopo ci siamo risvegliati, ancora sotto l’acqua!».

Sulla Lingua degli Gnomi (Norvegia)

Sulla Lingua degli Gnomi (Norvegia)

Per Filippo questo viaggio è stato il primo in Vespa, ovvero con un proprio mezzo. Sì, perché ne aveva già fatti molti altri in giro per il mondo spostandosi in autostop. Ha  visitato ben 37 Paesi arrivando persino in fondo al mondo, in Cile, viaggiando in barca a vela, come ospite/aiutante del settantenne francese Michel, incontrato al porto di Gran Canaria. «In effetti viaggiare con un mezzo proprio e non in autostop è stata un’esperienza del tutto nuova.» Mi conferma Filippo. «Ed è andata benissimo. La Vespa mi ha tradito soltanto una volta, all’andata, all’altezza di Bolzano. Si è fermata all’improvviso e non voleva saperne di ripartire. Era sera, pioveva a dirotto e non riuscivo proprio a rimetterla in moto. Non riuscivo a capire che problema potesse avere. Telefonai agli amici vespisti per dei consigli, ma niente, la Vespa non rispondeva a nessuna delle modifiche consigliate. Dopo qualche ora, un collega del Vespa Club Pontedera è riuscito a trovare Eric, un meccanico di zona, anche lui socio del Vespa Club d’Italia. E’ bastato accennargli al problema per avere sorprendentemente la soluzione immediata. “…Prova a staccare il filo della messa in moto, perché probabilmente è quello la causa di tutto…”. Infatti la Vespa è ripartita e dopo è bastata un’oretta di tempo presso la sua officina per sostituire il filo completamente usurato e rimettere la Vespa in perfette condizioni. Grande Eric: quello che ha capito lui in un minuto senza nemmeno vedere la Vespa io non l’avevo capito in tre ore e innumerevoli telefonate!».
Per risolvere gli altri piccoli inconvenienti durante il resto del viaggio è stato sufficiente il kit di sopravvivenza che Filippo porta sempre con sé nei suoi viaggi. Si tratta di un astuccio con al suo interno: fiammiferi, candele, un barattolino di latta da usare come fornellino sopra la candela, chiodi per appendere lo zaino in alto (evitando l’assalto di eventuali topi), candeggina, Amuchina, fil di ferro, guanti da cucina (utilissimi per guidare la Vespa con la pioggia), guanti imbottiti per il freddo e, ovviamente, una candela di riserva per la Vespa.

Tutto questo e molto, molto altro ancora ben presto diventerà un libro. Filippo, infatti, sta lavorando alla raccolta delle sensazioni, degli incontri e delle avventure vissute in sella alla Vespa, in capo al mondo. E noi aspettiamo ansiosi la sua pubblicazione. Grazie Filippo.

La dedica di Filippo

La dedica di Filippo